E’ il caso di dirlo, dopo l’episodio
Moncler-Report. Mai come in questo momento si parla di piume. A parte il
discorso sui ricarichi eccessivi e sull’utilizzo di manodopera all’estero, la
rivelazione delle oche spennate vive sta
facendo scalpore. Le azioni di Moncler
sono calate precipitosamente, anche se poi ricresciute
subito dopo, con lauti guadagni di chi si è affrettato a comprarle in ribasso. Intanto nel mondo della moda le
aziende, cosiddette etiche, si danno da fare per comunicare che le piume dei loro piumini non sono il
frutto di torture. Peccato che prima dell’episodio quando qualcuno specificava di non utilizzare piume o pelo di
animali maltrattati (v.coniglio d’angora) veniva visto come un integralista patetico e la sua dichiarazione una trovata
pubblicitaria. La stilista e imprenditrice Elisabetta Franchi, per esempio, venuta
a conoscenza l’anno scorso del trattamento a cui sono sottoposte le oche a
collezione avviata, è riuscita a intervenire su tre piumini inserendo, al posto
delle piume, materiale sperimentale sintetico.
E ora i capi sono nei negozi con un cartellino dove viene segnalata
l’iniziativa “cruelty free”. Ci voleva il reportage-denuncia perché una scelta
etica facesse notizia.
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