giovedì 25 settembre 2014

LA CASA CHE URLA


Non è un film horror, ma una possibile definizione per un’installazione-abitazione. Perché la casa di Carol Rama a Torino  è davvero un’opera d’arte.  ”Per chiunque la casa è un luogo di riferimento, quella di Carol, parla, anzi urla di lei” commenta Maria Cristina Mundici autrice con Bepi Ghiotti di “Carol Rama. Il magazzino dell’anima” edito da Skira. “Qui dagli anni quaranta l’artista ha accumulato  oggetti legati strettamente alla sua vita, alla sua immaginazione. La stessa Carol lo definisce  un magazzino di oggetti che raccontano delle sue passioni, del suo occhio, della sua anima” continua Mundici che ha curato i testi, lavorando soprattutto sulle fonti e cercando di togliere quegli stereotipi che vedono la Rama artista maledetta. “Ho lavorato con la lentezza, per due anni”   commenta Bepi Chiotti,  che ha realizzato più di cento foto tra colore e bianco e nero.  “Tutto è stato pensato prima, non ci sono stati tagli e postproduzione. Ho cercato di essere distante ,di non dare interpretazioni”.  Una casa non semplice  da fotografare  per le finestre completamente oscurate da spessi tendoni scuri. Perché Carol non ha mai voluto vedere il mondo fuori, distraente, troppo bello e in competizione con gli oggetti di casa. Che vanno dai frammenti di bicicletta agli animali imbalsamati, dalle scarpe alle forme da scarpe, ai denti umani. Ci sono oggetti d’affezione che provengono dalla famiglia d’origine, altri raccolti e trovati da lei, altri regalati dagli amici: Man Ray, Carlo Mollino, Andy Warhol, Edoardo Sanguineti, Liza Minnelli. C’è un caos, ma è apparente. Ogni oggetto ha il suo posto ed è collocato secondo un ordine compositivo. Appunto come in un’installazione. “La sua scrivania, illuminata da quattro lampade, sembra il tavolo di un entomologo, con smalti per le unghie usati come colori ” racconta l’artista Marzia Migliora.  “Entrando in quella casa si ha l’impressione di violare un’intimità”. Non è della stessa idea il critico e storico dell’arte Marco Vallora:”L’impressione è quella di condividere una disperata felicità”. E allude  a quel dualismo dell’artista, aggressiva e generosa, forte e fragile. E’ nell’intenzione degli autori  contribuire con questo libro  a far sì che la casa sia preservata per mostrarla  al pubblico come un’opera d’arte . E tutti gli elementi per convincere ci sono.

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