Miroslava Duma per Roger Vivier |
Mentre la parola kitsch ormai è entrata nel linguaggio comune anzi è usata a sproposito, abusata, il termine, sempre
inglese, camp è pressoché sconosciuto ai più. Dopo rare e fugaci apparizioni nei
Settanta ora lo si legge solo in qualche
dotto saggio. Eppure ha un significato preciso che potrebbe essere di grande aiuto nelle definizioni. Perché individua un certo cattivo gusto, voluto, consapevole. Rappresenta il lato positivo del kitsch. Quel superamento
del limite del buon gusto che confina con il raffinato, il sofisticato,
l’esteticamente valido. Difficile coglierlo negli arredi, nel modo di vestire,
più facile riscontrarlo nell’arte. Secondo Susan Sontag, che sul tema ha
scritto parecchio, presuppone sensibilità. “Il gusto camp è soprattutto un modo di godere delle cose, di apprezzarle, non di
giudicarle” scrive Gillo Dorfles. Entro
certi confini, superati i quali “il troppo gustoso si trasforma in disgustoso”.
Sicuramente il camp può essere relativo, ma fino a un certo punto.Esistono dei casi di camp riconosciuto, alcune composizioni musicali di Strauss, determinati scritti di Oscar Wilde o di Tom Wolfe, nell’arte contemporanea Francesco
Vezzoli, ma anche Frida Kahlo. A lei
sembra ispirarsi in parte la diciannovenne fotografa Olivia
Bee per le immagini del catalogo della collezione accessori
primavera-estate di Roger Vivier. A iniziare dai look bamboleggianti, anche se
con flash d’ironia, della modella d’eccezione, Miroslava Duma, giornalista di moda russa e idolatrata
trendsetter. Per continuare con gli sfondi che mixano affreschi barocchi a fiori
e piante tropicali, enormi e fintissimi da teatro per bambini. Per finire con la ricercata insensatezza
degli still life,dove borse e scarpe sono attorniate da ananas e banane o pendono dalla bocca di una tigre di cartone.
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