giovedì 30 gennaio 2025

VIVERE D'ARTE

Quasi tutti gli artisti sono anche personaggi, Guglielmo Spotorno lo è un po’ di più. E questo si vede immediatamente, non solo conoscendo la sua vita, ma guardando le sue opere nella mostra Guglielmo Spotorno. L’arte della vita. Curata da Giovanni Gazzaneo e Flavia Motolese, è da oggi fino al 9 febbraio al Museo della Permanente di Milano




I suoi quadri parlano di lui, è lo stesso Spotorno ad affermarlo. “Sono la mia vita inquieta che ha sempre fatto troppe domande a sé stessa…Sono l’occhio che spia in molte direzioni…un’inquietudine che avevo fin da bambino. Non stavo mai fermo, volevo sempre guardare oltre”. Nei quaranta dipinti esposti, già al primo colpo d’occhio, emerge la varietà non solo di tecniche pittoriche usate, ma di soggetti, di linguaggi. Dove comunque s’intuisce un filo conduttore, una matrice unica.  Che confermano anche i titoli, alle volte didascalici, alle volte surreali, sovente con un filo ironico:  “Le Antenne  abbracciano il cielo” , “I cavi dell’apparire” , “Dubai”(foto in alto) . O anche  “La chiesa rossa”(foto al centro). Una delle sue speciali marine, anzi "mareggiate" sui toni del grigio, dove in un angolo compare un minuscolo punto rosso, che guardando da vicino ha le forme di una chiesa. Interessante il suo mescolare l’informale con il figurativo. “Un astrattismo carico di riferimenti al quotidiano”, ha scritto Ermanno Tedeschi nella monografia intitolata come la mostra, con gli scritti di critici e storici dell’arte, presentata ieri all’inaugurazione. Si riscontra soprattutto nei quadri che parlano di vele, di mare, sua grande passione, e dove sono le sue radici. Il padre, infatti, era di Celle Ligure, dove ora l’artista vive. Ma anche in quella "verticalità" che evoca immaginari grattacieli, di altri suoi dipinti. C’è chi la lega alla sua vita a Milano dove è nato, ha studiato, ha conseguito due lauree, ha creato e seguito una concessionaria di auto e di società immobiliari. Il tutto continuando a dipingere ed esponendo le sue opere. 
 

mercoledì 29 gennaio 2025

RILEGGERE I CLASSICI

E’incredibile come Natale in casa Cupiello nella versione di Luca Saccoia riesca a essere uno spettacolo assolutamente a sé stante, ma conservare in pieno lo spirito dell’originale di Edoardo De Filippo. Non è un caso che abbia ottenuto il Premio dell’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro  per la stagione 2023 e il Premio Hystrio-Twister 2024. E’ in scena fino a domenica al Teatro Menotti di Milano. Lo spettacolo, con la regia di Lello Serao, nasce da un’idea di Vincenzo Ambrosino e Luca Saccoia che ne è anche l’unico attore. 


Infatti, a interpretare i sette personaggi della mitica commedia sono dei pupazzi, mossi con grande abilità da cinque esperti che, vestiti di nero, s’intravvedono appena.  Con l’unica voce, diversamente modulata, di Saccoia. Straordinaria la scenografia che nei primi due atti riprende la sala da pranzo dei Cupiello con il grande tavolo e il presepe, orgoglio del padrone di casa Luca, ma non apprezzato dal figlio Tommasino. Preceduta questa scena dai video di ciascuno dei personaggi proiettati sul fondale. A poco a poco i pupazzi, ben vestiti e con  espressioni sul volto che sembrano cambiare, sono talmente convincenti e così reali che Saccoia, dominante in mezzo a loro, appare come un gigante-mostro capitato in mezzo al palcoscenico. Le battute e i discorsi sono quelli del testo originale con il protagonismo del presepe, che dovrebbe servire a riappacificare gli animi.  Ma le scoperte e le rivelazioni sono così inaspettate da sconvolgere la vita di casa Cupiello. Soprattutto di Luca, che viene colpito da un ictus.  Così che il terzo atto è ambientato intorno al letto del moribondo dove, insieme ai pupazzi, compaiono figure umane. Lo spettacolo è in scena al Teatro Menotti fino al 2 febbraio. 

COME IN UN FILM

Tutti conoscono Quarto Stato di Pellizza da Volpedo per le vicissitudini in cui è stato coinvolto negli ultimi anni, che finiranno a breve quando sarà ricollocato alla Galleria d’Arte Moderna di Milano. Ma anche perché nel 1976 è comparso sulla locandina di Novecento di Bertolucci, confermandosi emblema della classe operaia e non solo. Sono molti, invece, quelli che ignorano le numerose altre opere del pittore, conosciute e apprezzate all’estero. Fa quindi piacere che un film ricordi l’artista, evidenziandone le straordinarie doti pittoriche e il suo essere stato avanti per i tempi .


S’intitola Pellizza pittore da Volpedo, dove pittore nella locandina è scritto in un altro colore e carattere. Diretto da Francesco Fei e interpretato da Fabrizio Bentivoglio, il film è prodotto da Apnea Film  in partecipazione con Mets Percorsi d’arte. Critici d’arte, direttori e curatori di musei, con i loro commenti, aiutano a descrivere il personaggio, ma anche episodi che riguardano le sue opere. Come  l’impegnativo trasporto di Quarto Stato dal Museo del Novecento alla Galleria d’Arte ModernaBentivoglio non interpreta il pittore, ma è una presenza continua che ne rievoca la vita e l’arte , partendo da un diario di Pellizza che trova nel suo atélier a Volpedo. Il racconto è supportato da immagini di dipinti, tra cui vari ritratti ma anche foto, con le quali l’artista "fermava" situazioni che poi riprendeva nei suoi quadri. “Il suo è un taglio cinematografico” ha detto alla presentazione del film Bentivoglio. Molti quadri, infatti, raccontano una storia. Basta pensare a Le speranze deluse dove, a far da sfondo a una giovane che pascola le sue pecore, c’è il corteo di un matrimonio . E il viso addolorato della ragazza fa intendere che lo sposo era l’uomo che amava. La luce gioca un ruolo importantissimo,  sia nel riprendere la natura, sia nei ritratti e nei volti. Ogni tanto compare il pittore. E’il giovane attore Mafre (Marco Federico) Bombi che lo interpreta. Non parla, pensa, guarda, dipinge, cammina per le vie di Volpedo e improvvisamente diventa Bentivoglio, inquadrato  di schiena. Il film si segue con grande interesse, quasi con suspense e ci si affeziona sempre più al personaggio.  Con tante cose da dire, una creatività smisurata e una vita, all’inizio felice, perché con genitori che gli permisero di continuare la vocazione frequentando dei corsi di pittura. Ma poi continuata con grandi dolori e lutti, che l’hanno portato a non avere più voglia di dipingere e a suicidarsi a 39 anni.  Il film sarà, in 200 sale cinematografiche italiane, solo il 4 e il 5 febbraio.

giovedì 23 gennaio 2025

IN DIALOGO CON L'ARTE

Uno spazio multifunzionale che si propone come luogo d’incontro e di studio, destinato soprattutto a diventare un punto di riferimento per studiosi, ma anche per artisti giovani ed emergenti. Questa la Fondazione Maria Cristina Carlini appena aperta e inaugurata ieri, con un cocktail partecipatissimo. 


Si trova a Milano in Via Savona, in quell’area ex industriale da anni trasformata in centro vitale e culturale. Ed è vicino allo studio dell’artista e a un centinaio di metri dalla nuova Piazza Berlinguer con il monumentale Obelisco donato da Carlini alla città nel 2024. Lo spazio è attraente, completamente aperto con un angolo adibito a ufficio con scrivania e uno scaffale con opere più piccole dell’artista, pareti bianche e pavimento beige su cui ben risaltano le sculture in tutti i materiali usati: grès, lamiera , ferro, acciaio, corten, legno di recupero. Davanti un piccolo giardino con altre opere. Fondamentale l’archivio in continuo aggiornamento, completamente digitalizzato e “frutto di un lavoro puntuale e certosino di identificazione , ricostruzione, inquadramento, di ogni singolo passaggio” come ha scritto Flaminio Gualdoni, direttore scientifico della Fondazione.  Contiene cataloghi e documenti che raccontano il percorso dell’artista, oltre a svariati video. Tutti consultabili. In calendario sono previsti eventi, seminari, conferenze, mostre temporanee  di arte contemporanea  in linea con la visione artistica di Maria Cristina Carlini


mercoledì 22 gennaio 2025

CALCIO AL RAZZISMO

Il razzismo sul palcoscenico del Teatro della Cooperativa di Milano.  Un argomento di cui non si parla mai abbastanza, questa volta tratta un certo tipo di razzismo, come anticipa il titolo Arpad Weisz. Se il  razzismo entra in campo. Per campo s'intende quello più conosciuto, il campo da football.  Gianfelice Facchetti (sì, il figlio del mitico Giacinto) autore e interprete del monologo, inizia chiedendo al pubblico gli insulti più comuni, in ordine alfabetico.


Quindi prosegue su come questi facciano parte del linguaggio d’odio con cui i tifosi "dialogano" tra loro.  Molti sono di tipo razzista, contro rom, omosessuali, neri, ebrei. A questo proposito ricorda episodi di cronaca, come quello degli ultrà della Lazio che qualche anno fa per il derby tappezzarono lo stadio delle foto di Anna Frank con la maglia della Roma. Un fenomeno non solo italiano. Qualcosa di simile è accaduto in Spagna nella partita tra Real Madrid e Atletico. O addirittura nel derby di Tel Aviv, dove i tifosi dell’Hapoel invocarono la Shoah per quelli del Maccabi. Da qui Facchetti  parte con il ricordo di Arpad Weisz, ebreo ungherese, prima giocatore poi allenatore dell’ Inter (in periodo fascista chiamata Ambrosiana) a cui fece vincere lo scudetto, diventando il più giovane allenatore (34 anni) a ottenerlo, e del Bologna. Nel ’38, vittima delle leggi razziali, fu deportato con la moglie e i due bambini ad Auschwitz dove morì a 48 anni. E tutto questo con l’indifferenza di chi l’aveva osannato. Ed è proprio una storia come questa, sostiene Facchetti, che invita a “ragionare sulle contaminazioni tra potere e sport” e  su come a partire da quel momento storico lo sport e il calcio soprattutto “si sia trasformato in uno strumento per nazionalizzare le masse”. Ma è anche un monito a non “abbassare la guardia” e a questo punto Facchetti fa riferimento  a Primo Levi, ma anche al calciatore Bruno Neri che divenne partigiano e si rifiutò di fare il saluto romano all’inaugurazione dello stadio di Firenze. Al calciatore Carlo Castellani che si fece arrestare al posto del padre, fermato in uno sciopero nel 44, e morì a Mauthausen.  A fare da cornice allo spettacolo, in scena fino al 26 gennaio, nel foyer  del teatro la mostra su  Arpad Weisz. Curata da Vincenza Maugeri, in collaborazione con il Museo Ebraico di Bologna ed Edizioni Minerva, propone le tavole di Matteo Matteucci tratte dalla graphic novel Arpad Weisz e il Littorale (ed.Minerva).  Da vedere fino al 6 marzo.

lunedì 20 gennaio 2025

NON SOLO MODA

Si è conclusa “in bellezza” questa settimana della moda maschile di Milano, notevolmente accorciata, ma intensa. Con lo speciale grigio di Giorgio Armani declinato in tutte le possibili sfumature e  composizioni: chiné, tweed, gessato, Principe di Galles, finestrato e una sera sfavillante con, a sorpresa, coppie uomo e donna. E con Zegna che ha scelto, come passerella per i suoi ineffabili capispalla e la sua raffinata maglieria, il salone della vecchia fiera, trasformato in un verde pascolo, con tanto di belati prima dell’inizio. 




A conclusione della giornata la sfilata di cinque nomi dell’alta sartoria della donna, organizzata da Camera Showroom Milano e Confartigianato moda, nei chiostri di San Barnaba. A cui è seguito un cocktail al Palazzo dei Giureconsulti e la proiezione di uno short-movie della docente e regista Ylenia Busolli su come le aziende, rappresentate dalle 37 show room aderenti alla Camera, siano attente alle tematiche dell’ambiente e della sostenibilità. Domani mattina in streaming le sfilate del marchio brutalista coreano Carnet-Archive, del brand saudita KML , dell’indiano Rkive City, esempio di sostenibilità, e di Victor Hart del Ghana di cui reinterpreta artigianato e cultura. Ieri è stata frequentatissima (code di due ore e più) la mostra-omaggio, di un solo giorno, a Palazzo Reale di Oliviero Toscani, il geniale fotografo scomparso il 13 gennaio. In esposizione  nelle sontuose sale i suoi scatti più famosi,  appoggiati alle porte o alle pareti, sulle sedie e sui preziosi mobili, inseriti nei camini. Molti dei quali  presentati nella mostra di tre anni fa per gli ottant’anni del grande maestro. Allestiti quattro set per realizzare dei ritratti del pubblico per il progetto Razza Umana che, iniziato nel 2007,  ha già  raccolto 10mila immagini. Tra i fotografi il figlio Rocco che ha immortalato il sindaco Sala, intervenuto insieme all’assessore alla cultura Tommaso Sacchi. Nel salone delle conferenze, proiezione continua di un video con una  biografia di Toscani  realizzata con le foto delle sue campagne più significative, i suoi commenti e le interviste, che racconta bene il personaggio e il suo modo di concepire la fotografia. 

domenica 19 gennaio 2025

VARIETA' VO' CERCANDO

Terzo giorno di Men’s Fashion Week milanese. Un equilibrato mix tra proposte per un vestire maschile secondo i canoni e progetti, spesso giocosi, tra arte e moda. Tra le prime, sicuramente, la presentazione di Canali. Con, come palcoscenico, una scenografica scala nei toni dei capi. Dall’azzurro del trench all’arancio del pull, ai beige e grigi in tutte le sfumature. Fino al rosa del filo di lana nel cardigan marrone, effetto paglia.  Colore protagonista anche da Brett Johnson che, non a caso, titola la collezione  "Viaggio sensoriale tra le colline toscane".  Ecco, infatti, le tinte della Toscana, in una visione sublimata. Dal verde dei pini e dei cipressi all’azzurro dei laghi senesi, dal rosso dei vini al marrone del fogliame. Per un guardaroba fatto di capi essenziali, in varie versioni, ma sempre con dettagli chic e personalizzanti.


Gusto occidentale e tradizione orientale da KB Kong, collezione prodotta interamente in Cina ma disegnata dall’italiano Massimo Foroni, presentata sulla terrazza Duomo con vista sulle guglie (foto in alto). La cintura impunturata, tipica del kimono, diventa l’elemento  caratterizzante di capi e accessori: è cintura per il cappotto-vestaglia, è nel collo e nei revers delle giacche, è sulla borsa di pelle bianca o grigia. Anche il jacquard guarda all’Oriente. Rientra nel gruppo, Prada con la sfilata evento clou della giornata. A giudicare dall’attesa, dai ritardi e dalla folla oceanica ad applaudire l’ingresso delle star ospiti. Niente celebrities, ma folto pubblico da Simon Cracker, che si inserisce tra le collezioni giocose.  Trionfo del genderless,  se così si può  definire:  donne, ma soprattutto uomini con gonna e foulard in testa stile anni 60. Molti i ricami, varie le giacche in tessuto finestrato con abbottonatura da divisa o i capi spalla in tessuto delavé, tipico del brand. Scarpe con paillettes e lurex (foto sopra).

Profumo d’ incenso e candele da Via Piave 33, il marchio basato a Milano, prodotto in Veneto e interamente made in Italy.  Piccoli pezzi dalle linee morbide in tessuti organici come garza e gabardine di lana o  viscosa e seta. Tinte naturali, pull fatti a mano: garanzia di un vestire cosy. Nella nuova Fondazione Sozzani Marcello Pipitone (classe 1996) ha presentato capi che definisce "ibrido fra lo sport couture e lo street style d’avanguardia". Come i pantaloni realizzati con jeans riciclati(foto sopra).  A condividere la scena opere di giovani artisti vari, anche in fieri e musica live. Un’installazione d’arte più che di moda quella di Fabio Quaranta per Urania, "progetto collettivo interdisciplinare in cui moda, arte, design e musica, si fondono per creare un nuovo immaginario sfidando le norme e le consuetudini che regolano la moda"(foto al centro).    

sabato 18 gennaio 2025

UN UOMO IN INVERNO

Una varietà di proposte caratterizza il secondo giorno della Men’s Fashion Week milanese, ma non esclude tendenze comuni. Come attenzione ai dettagli, studiate palette cromatiche, materiali che durano nel tempo, con un occhio quindi alla vera sostenibilità. Non quella solo apparenza, per far parlare.




Alessandro Pungetti, direttore artistico di Ten C, propone capi evergreen introducendo ogni stagione qualche novità: un tessuto, una cucitura, una vestibilità particolare. Pantaloni abbinati a giacche–camicie per sostituire il completo, un jersey gommato per i capispalla, o quella colorazione ruggine ottenuta con la terra di Siena. Anche Eleventy punta su nuove cromie per una collezione, come sempre, vastissima, ispirata al vestire dei milanesi anni 60, 70. Rivede in cashmere beige 
il classico loden con bottoni in pelle (foto al centro). Oltre alle "sue" tonalità grigio, beige ecc. introduce  mirtillo polveroso, lampone e ardesia. Tra i pezzi a sorpresa lo smoking in velluto a coste crema, per una star da red carpet. Interessante la capsule in lino trattato con aloe, destinata agli emirati(dove l’estate dura dodici mesi), tra i mercati più "affezionati"del brand insieme a quello americano. Variegata, per vestire un pubblico diversificato, la collezione di Kiton. Varietà di colori che vanno da un sobrio ghiaccio o un attualissimo burgundy, a un osé arancione. Senza mai sfiorare l’eccesso. Raffinata, as usual, la scelta dei tessuti. Quanto alla vestibilità giacche più morbide, cappotti più lunghi, molta maglieria lavorata a mano, anche con dettagli in pelle (foto in basso). Interessante l’après-ski di KNT (acronimo di Kiton New Textures) che  “rinnova gli stilemi della moda classica in chiave sportiva” con i piumini dagli inserti in cashmere. Sofisticata, ma d’effetto la scenografia di Maragno per la collezione Radici. Pochi capi, pezzi unici, genderless, dai volumi avvolgenti con tessuti upcycling e dettagli come l’anello o la radice, che simboleggiano un abbraccio tra esseri umani e natura. Se il brand Corneliani voleva provare la vestibilità confortevole dei suoi capi c’è riuscito in pieno. Come? Con una performance di tre ballerini curata da Kate Coyne, direttrice artistica della Central School of Ballet di Londra. Davvero straordinaria perché i tre volteggiavano, su una piattaforma girevole al centro del cortile del cinquecentesco Palazzo Durini, con una leggerezza acrobatica da sembrare senza peso (foto in alto). Per loro maglieria, ma anche capispalla dalle linee ampie e "rilassate", abbinati a pantaloni dai tagli slim. Intorno alla pedana, i modelli con cappotti monopetto e doppiopetto, trench, giacche in nappa in colori dai naturali ai più vivaci. Quasi una rappresentazione teatrale da Dolce & Gabbana, che ha trasformato la passerella in un red carpet da mostra del cinema con folla di fotografi, in completo e cravatta, in azione.

venerdì 17 gennaio 2025

E' IL MOMENTO DELL' UOMO

Primo giorno della Milano Men’s Fashion Week. Anzi prima mezza giornata, perché questa mattina si è concluso Pitti Uomo. Con risultati, a quanto sembra, migliori delle aspettative. I compratori italiani non sono aumentati rispetto all’anno scorso, ma nemmeno diminuiti. Ma i buyers stranieri sono in crescita del 6,5%. Il merito, a detta dell’amministratore delegato Raffaello Napoleone, va agli espositori che hanno presentato collezioni ben studiate con svariati elementi di innovazione. Ma senza eccessi.  


 



Gli eccessi, al momento, non si sono visti neanche a Milano. Anche se non si può parlare neppure lontanamente di ritorno al classico. A cominciare da Pierre-Louis Mascia con la sua prima sfilata milanese in cui ha presentato sia l’uomo che la donna (foto in alto). Coerente con il suo stile ha proposto una collezione trionfo del patchwork. Dove convivono, in perfetta armonia, etnico, rétro, scozzese, denim, con ragionevoli flash di militare ancien régime e anche qualche pezzoforte preso dal mondo dello sport.  Viene dall’Inghilterra Qasimi, brand firmato da Hoor Al Qasimi che per questa collezione si è avvalsa della collaborazione della pittrice di origini maori Emily Karaka (foto in basso). Attento studio dei colori, quindi, per camicie genderless da abbinare a pantaloni ampi, ma anche giacca a vento casual, maglioni con frange in technicolor, giacche e capi spalla dal taglio sartoriale. La maglieria è la protagonista assoluta nei brand Aida Barni, più lineare, e AnnaPurna per un fruitore più curioso, entrambi prodotti da un’azienda di Prato che ha a cuore più che mai la sostenibilità. Non solo è attenta ai filati e al risparmio d’acqua, ma utilizza gli scarti di collezioni passate per riparare maglieria dei clienti danneggiata,  per farla durare nel tempo. Abbondante uso di cashmere, piccoli dettagli significativi che fanno la differenza e lavorazioni particolari come quella del pull all’esterno bouclé, all’interno a filo raso. S’ispira ai paesaggi argentini la palette colori di La Martina. Toni naturali come il beige e il marrone o il rosa cipria. Per uomo e per donna, tutto presentato nel negozio invaso da fieno, richiamo al mondo del polo dove è nato il brand. Roberto De Wan, nel suo negozio di Via Manzoni, ha colto l’occasione della Fashion Week per presentare nuovi capispalla da uomo, giacconi in nappa con interno in Gore-Tex, parka rivisitati, giubbotti di montone ma anche la T-shirt con scritta "Buon Anno" in cinese, interpretata dal suo estro pittorico (foto al centro). 

giovedì 16 gennaio 2025

UNO SCONOSCIUTO EROE BORGHESE


Continua l’impegno del Teatro della Cooperativa di Milano a ricordare, con spettacoli, momenti importanti della storia politica italiana, ma soprattutto a far emergere quelli dimenticati o non sufficientemente divulgati. Uno di questi, in prima nazionale, è Senza motivo apparente  sul caso del medico Amedeo Damiano, ucciso a Saluzzo nel 1987, perché come direttore della ASL aveva smascherato e denunciato le nefandezze  dei baroni della medicina. Scritto e diretto in forma di monologo da Chicco Dossi è interpretato da Christian La Rosa, che ne ha anche curato il progetto. 


Quando il pubblico entra, La Rosa è già in scena, in piedi di schiena con un impermeabile chiaro. Si volta e incomincia a parlare. In poche parole inquadra il luogo, Saluzzo  paese della provincia  di Cuneo, dove “solo chi è nato a Saluzzo vive a Saluzzo”. E invece il Dottor A, come viene chiamato, ci si trasferisce da Milano dove era nato, perché  qui, da militare ha conosciuto e si è innamorato della donna che diventerà sua moglie e la madre dei suoi quattro figli. Già in questa premessa si delinea il personaggio, ma soprattutto l’ambiente, con quell’ironizzare sui luoghi dove si svolge la vita di Saluzzo: casa, panetteria, parco, scuola, i portici ecc. Un paese dove sembra impossibile possa succedere quello che succederà. “Proprio perché soffocata dal perbenismo muto della provincia era giusto rendere questa storia viva…Un episodio ….in cui aleggia sempre la paura che la libertà promessa dalla nostra costituzione sia pilotata da interessi personali così forti…da potersi permettere di scavalcare qualsiasi forma di legalità. Un paese dove si preferisce dimenticare il passato per ripeterlo senza rimorsi” scrive La Rosa. E poi la descrizione brevissima di quella sparatoria con le caratteristiche di un avvertimento mafioso. Molto buone anche le luci di Victoria De Campora, che sottolineano l’ambiguità del caso. Senza motivo apparente è al Teatro della Cooperativa fino al 19 gennaio.

lunedì 13 gennaio 2025

UNA BORSA PIENA DI VALORI

“In un mondo come quello della moda dove l’apparire è fondamentale si può rendere l’apparire non fine a se stesso, ma farne un mezzo per trasmettere messaggi”. Questo è il pensiero di Alessandra Accardo “la poliziotta coraggio” napoletana che nel 2022 è stata vittima di un orrendo episodio di violenza. Del quale porta ancora i segni, ma a cui ha saputo reagire tanto da meritare una menzione al valor civile del Presidente della Repubblica e il premio Paolo Borsellino 2024(nella foto incinta della sua bambina nata ai primi di dicembre).



Perfettamente coerente Alessandra Accardo è stata scelta come brand ambassador di una nuova bag gioiello di Voiceat, la linea di borse disegnata e ideata da Annalaura Giannelli. Che,  come dice il nome, vuole dare voce alle donne. Per questo nuovo modello con tracolla metallica e manici di bambù, sempre nello speciale nylon, ha scelto un nome e una stampa in linea con il messaggio. Si chiama The flapper, ed è decorata con la donna farfalla, opera di un celeberrimo illustratore americano Frank Xavier Leyendecker, comparsa su una copertina del magazine Life del 1922. L’arte anche qui è presente, come sempre nelle borse di Voiceat, ad accompagnare un messaggio per le donne.  La farfalla è simbolo di bellezza e grazia, ma anche di trasformazione e rinascita. Le Flappers sono state negli anni 20 del secolo scorso un "proto" movimento femminista americano. Le seguaci combattevano gli stereotipi nei confronti delle donne, sia con i comportamenti, sia con il modo di vestire. Assolutamente anticonformiste guidavano automobili, bevevano alcolici, fumavano per strada, indossavano gonne corte, si truccavano, sfidando i convenzionalismi sociali. Un recupero di quel tipo di abbigliamento si era visto  tra l’altro anche nelle collezioni per l’estate di importanti brand come Prada, Dior, Gucci, Armani. “C’è stata sicuramente un’evoluzione, lo vediamo alla televisione e nella comunicazione. Anche la moda si è evoluta, non esistono più canoni di bellezza unica. Abbiamo imboccato la strada giusta , ma c’è ancora molto da fare. Le donne hanno troppe responsabilità spesso non riconosciute, bisogna responsabilizzare anche gli uomini” dice Accardo. Quindi è giusto continuare a dar voce a queste tematiche, anche attraverso la moda, come sta facendo con il progetto Voiceat, Annalaura Giannelli.

domenica 12 gennaio 2025

L' AMORE A TUTTO TONDO

E’ tornato al Teatro Menotti Filippo Perego di Milano L’amore scoppiò dappertutto, spettacolo dedicato a Fabrizio De André. Sul palcoscenico la straordinaria ed eclettica Laura Marinoni, l'eccellente musica dal vivo con pianoforte, percussioni, trombone, fisarmonica e sax, del Nidi Ensemble con l’arrangiamento musicale di Alessandro Nidi e la regia di Emilio Russo. Non per ricordare il famoso cantautore, “perché non ce n’è bisogno”, come è scritto nella presentazione dello spettacolo, ma per festeggiarlo “a modo nostro”, a ventisei anni esatti dalla sua scomparsa.  


Eppure,  per quanto lo si possa conoscere si scoprono di lui sempre nuovi pensieri, messaggi, ricordi, che ci erano sfuggiti. Il titolo parla d’amore,  ma di un amore a 360 gradi e in tutti i suoi aspetti. Le sue canzoni trattano di socialità, di lotta per la giustizia e di diritti, di voglia di uguaglianza, di comprensione per gli ultimi e i desiderati. Senza mai eccessi di attacchi al potere, ma con la fermezza di una critica senza accanimento e quindi
 ancora più convincente. Di grande effetto le luci di Mattia De Pace che colorano lo sfondo del palcoscenico in tinte diverse, in una quasi ideale sintonia con la musica. Perfetti gli abiti di Laura Marinoni curati da Antonio Marras, nel suo inconfondibile stile. Molti applausi e grande partecipazione del pubblico con "battimano a ritmo", soprattutto per i pezziforti, tra cui l’immancabile Bocca di Rosa intonata tra i bis. L’amore scoppiò dappertutto è al Teatro Menotti Filippo Perego fino al 18 gennaio. 


giovedì 9 gennaio 2025

CHIAVI DI LETTURA

Non è semplice “raccontare” una mostra come quella della fotografa franco-americana Alison Harris. Neppure il titolo Chiavi smarrite: appunti fotografici può aiutare. Anche se ne annuncia bene contenuto e spirito. “Sono immagini di storie vissute, istantanee che possiamo immaginare per aprire altri mondi, trasformarle in sentimenti…usarle come occasione di nuove conoscenze e nuovi incontri” scrive nell’introduzione del catalogo Denis Curti, direttore artistico di Le stanze della Fotografia di Venezia e di altri importanti festival di fotografia.




Se ne condivide il pensiero vedendo la mostra, inaugurata ieri alla Galleria Spazio Temporaneo di Patrizia Serra in via Solferino, a Milano. Uno spazio che, nella sua essenzialità, riesce a essere accogliente e ideale per quel tipo di foto. Tutte in bianco e nero di uguali dimensioni. Tutte con un titolo sintetico e il luogo, dove la foto è stata scattata. Tutte realizzate in Italia, tutte su pellicola, che Harris ha ritrovato, scelto e fatto poi stampare da uno stampatore di Parigi, dove è nata, vive e ha iniziato la sua attività di fotografa, “influenzata dall’esperienza degli umanisti francesi soprattutto di Robert Doisneau”. Molto variegata “la materia immortalata”, ma legata da un forte filo conduttore, per il continuo dialogare di attenzione, curiosità, sentimento, humour. Ecco un particolare della Fontana dei fiumi del Bernini a Roma, ma anche, con il titolo Presepe, tabaccaio, due pile di pacchetti di sigarette che incorniciano un minuscolo presepe. Il luogo è Ruta, frazione alle spalle di Camogli. Uno dei luoghi della Riviera Ligure, dove Harris ha una casa, che rientrano spesso nelle sue immagini. Scattata invece a Roma Chiavi smarrite che dà il titolo alla mostra (foto in alto). Tra giornali, manifesti, cartoline, sopra un telefono a gettone sono appesi dei mazzi di chiavi e una tavoletta con la scritta "Chiavi smarrite". Ironia, ma anche racconti di quotidianità che lasciano immaginare storie dietro. Come Bastone con quel bastone affiancato a un maestoso portone di legno con le chiavi inserite. Cosa è successo? Un abbandono improvviso? Un incidente? Una dimenticanza? Tenerezza e dolcezza in Donna e cane, nello sguardo di lei al suo fedele compagno e nell’espressione dell’animale, attenta e curiosa. E poi ancora due marmoree statue classiche, e nel mezzo una parete di vetro con un’apertura circolare, spiegata con il titolo Statue e finestrino del portinaio. O il San Gennaro , ovviamente a Napoli, con il tempietto del santo e davanti, quasi un’offerta votiva, una moto da riparare (foto al centro). Insomma una mostra che si può vedere in poco tempo, divertendosi
, ma anche rivedere, studiando a lungo ogni foto e i suoi possibili legami, il perché, cosa c’è dietro, eccetera. Proprio come un film. In bianco e nero, of course. La mostra chiude il 1°febbraio.

giovedì 2 gennaio 2025

MOUNTAINLY CORRECT

E’ una passeggiata di due chilometri e mezzo, ma per la ripidezza, con passo normale, ci vuole più di un’ora a percorrerla. E al ritorno anche di più, dato il terreno impervio. Eppure la scalata del Monte della Croce, la collina di 518 metri che sovrasta i paesi di Bogliasco, Pieve, Sori, nella Riviera Ligure di Levante, rappresenta la perfetta passeggiata in montagna, "l’idea platonica" di salita-escursione. Si parte dal livello del mare e la vista del Golfo Paradiso, e non solo, affianca il camminatore fino alla cima, nonostante i vari e continui cambiamenti di vegetazione, i tipi di terreno e quindi gli scorci. Dagli ulivi ai pini marittimi, dagli aranci ai castagni. Dai muretti a secco alle sassaie, fino ai piccoli prati, che sembrano falciati da un diligente giardiniere, ovviamente british. 






Non esiste stagione migliore per percorrerla, ma solo giornate più o meno adatte. In qualsiasi mese dell’anno. Da un certo punto in poi croci metalliche indicano le quattordici stazioni della Via Crucis. Ad annunciare la sommità vicina, i piccoli chioschi del Sentiero dei Misteri, ognuno con un pannello che indica lo sviluppo del percorso.  Sulla sommità del monte c’è uno spiazzo con una chiesetta, datata intorno al 1600, un microscopico rifugio e qualche tavolo con sedie in legno per picnic. Nessun bar, né distributore di bevande. Più sotto anche un barbecue. E naturalmente la vista, davvero a 360 gradi. Da Capo Mele, oltre al porto di Genova, al Monte di Portofino e a parte del golfo Tigullio e poi la Corsica, le Alpi Marittime e, nei giorni più limpidi se forniti di un binocolo o di un cannocchiale, anche l’Arcipelago Toscano. Durante la salita s’incontrano poche persone, ma lo spiazzo intorno alla chiesetta con il bel tempo è sempre affollato: chi mangia, chi beve, chi fotografa, cani, bambini. La prima impressione è di profonda delusione. Ma basta fare quattro passi ed ecco un prato con vista sublime dove distendersi nella completa pace. Nessun rumore o solo qualche parola lontana. I bambini giocano ma non gridano, le mamme non li chiamano o li rimproverano continuamente. Gli adulti mangiano, ma non buttano niente per terra, nessuno schiamazza. Anche i cani sono educati e, al guinzaglio o liberi, camminano vicino ai loro padroni. Al Monte della Croce la movida, con cui spesso si identifica il vociare maleducato, non esiste. Chissà se per la meraviglia intorno, o per il sapore della conquista. Quella vera.