Nella sua breve vita e un’attività artistica durata soltanto dieci anni, Keith Haring non solo ha realizzato uno straordinario numero di opere, ma ha inventato l’arte del segno, e in un’ottica di pop art è riuscito a toccare temi sociali fondamentali, con messaggi tuttora attuali. La mostra che la Villa Reale di Monza gli dedica, a 32 anni dalla morte, è una dimostrazione di quello che è stato. Prodotta da General Service and Security, GCR e Saga MDS in collaborazione con il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza, si tiene nella splendida Orangerie, affacciata su un roseto con 400 varietà di rose. Solo quello vale una visita.
Le cento opere esposte, tutte provenienti da una collezione privata, non sono collocate in senso cronologico, ma sono suddivise in nove sezioni per tematiche. Raccontano la passione di Haring per i simboli e come questa si sia evoluta in modi diversi. Si va dai pezzi più riconoscibili, come gli iconici Radiant Baby, alle opere che affrontano problematiche sociali. Profondissime pure nella voluta elementarità dei segni. Dall’Apartheid rappresentato da una figura nera che cerca di togliersi un cappio dal collo. All’omosessualità con i francobolli da lui creati, all’Aids in cui ribadisce l’importanza di informarsi e della comunicazione, in vari modi, tra cui le famose tre scimmiette che non vogliono vedere, sentire, parlare. Sull’Aids, ma da un altro punto di vista, Medusa Head opera in bianco e nero di due metri per un metro e mezzo. Rivisitazione contemporanea della figura mitologica greca, raffigura Medusa che stritola con i suoi capelli-serpenti degli uomini, ricordo degli amici morti di Aids, di cui morirà anche lui a 32 anni. Diversi gli autoritratti. Deliziosi i disegni realizzati a quattro mani con un bambino. O ancora la storia del rosso e del blu che alla fine si fondono in un uovo viola, simbolo della vita. E poi tutta la parte di pubblicità e di gadget, tra cui una T-shirt con il suo ritratto firmato dall’amico e maestro Andy Warhol (foto al centro) e una piccolissima sezione dedicata ai lavori degli amici artisti che Haring ha sempre aiutato. Per quanto i temi trattati siano drammatici e molte opere siano state realizzate quando l’artista sapeva di essere condannato, lanciano un messaggio di speranza. Un invito, uno sprone a superare il male. Notevole l’allestimento, chiaro senza essere troppo didascalico. Capace di dare emozioni lasciando spazio però alle interpretazioni. Colto, ma tale da poter essere inteso da tutti. Con qualche flash ironico, che sicuramente Haring avrebbe gradito, come i disegni dell’uomo e della donna, nel suo tratto tipico, sulla porta delle toilette. La mostra, che apre domani e chiude il 29 gennaio, è visitabile tutti i giorni, escluso il lunedì, dalle 10 alle 19.