Tecnologia e
tradizione: un binomio consolidato. Percorso da molti, con conseguente rischio
di ripetizioni e grigia uniformità. Anche se gli spunti e i temi sono tanti,
non è semplice individuare formule nuove. Réva Vino & Resort di Monforte
d’Alba ci è riuscito, valorizzando i dettagli, puntando sul cambiamento e la
sostenibilità, ma soprattutto dando fiducia a una piccola e giovane squadra,
che continua a lavorare sul progetto. Secondo il principio vecchio, ma sempre
valido, che dagli errori si impara, o
meglio si può arrivare a ottimi risultati. Il luogo è ben scelto: la Tenuta di San Sebastiano nelle
Langhe del Barolo, terra di vigneti Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Fatto
curioso, non in posizione dominante, ma dominato dalle colline. Definirlo
un'oasi di benessere è banale e un po’ sminuente. E’ un concentrato di
piaceri della vita, proposto con sofisticata eleganza. Ricavati in un vecchio
cascinale fine Ottocento ci sono dodici camere, il ristorante, il centro
benessere, la cantina. All’esterno la grande terrazza, la piscina, un’area
giochi per i bambini e il campo da golf a nove buche (in alto), dove il barefoot non è severamente vietato. Da ogni parte salta immediatamente all'occhio
l'elemento di valore, il particolare, il plus. Può essere la varietà di botti, tonneaux , barrique, Stockinger
austriache o le anfore per la sperimentazione di un Nebbiolo di prossima uscita (al centro). La piscina filo orizzonte, piccola ma sufficiente
per ritempranti bracciate o un aperitivo dans
l’eau con calici di plastica, solo al tatto distinguibili da quelli di cristallo.
La piscina interna ha vetrate sul verde (in basso). L’ arredo delle camere è funzionale, sobrio, ma senza cadere nel
monastico triste, grazie al tocco di colore dei quadri alle pareti. Come nei
corridoi, nella reception e negli spazi comuni. Sono di artisti cechi. Come
cieco di Brno è il brillante proprietario, Miro Lekes. Da cui il nome Réva, che
significa grappolo. Raffinatezze di
tradizione nei bagni, come i lavabi da Grand hotel rétro, nella forma e nella
rubinetteria con Hot e Cold. Nel ristorante con terrazza, dalla piacevole
brezza, per l'estate, la cucina intrigante e a sorpresa di Paolo Meneguz
(classe 1986), che molti vedono prossimo candidato a una stella, anche se lui
si schernisce. Sperimentatore sapiente, non dimentica la buona cucina della
regione. Un esempio? La rivisitazione light, ma golosissima, delle pesche
all'amaretto. Anche il nome del ristorante guarda al passato. Si chiama Fre,
fabbro in piemontese, per ricordare l'antica utilizzazione da laboratorio del
luogo. Ma il logo è di un design assolutamente contemporaneo. La televisione è
bandita nelle camere. Ma gli State freschi, aperitivi con musica
estivi ed eventi vari ( tra gli ultimi il jazzista Filippo Cosentino con il suo album Andromeda, appena rientrato dal tour in Cina) garantiscono l’intrattenimento. Lasciando forse scoperta l'informazione,
per quell'uno per cento non connesso.
giovedì 26 luglio 2018
martedì 24 luglio 2018
VEDERE E STRAVEDERE
Si è fortunati ad andarci in un giorno di cielo blu
con nuvolette da cartolina(cielo di Lombardia bello quando è bello, come
scriveva un certo Alessandro M.). Ma anche con pioggia e/o cielo grigio e un
minimo di visibilità, la Torre Prada vale la visita. E questo indipendentemente dalla collezione
permanente. Solo l’edificio che, come hanno detto tutti, dialoga con la Torre
Velasca, è davvero straordinario. Quanto promette all’esterno mantiene negli
interni. Dai pavimenti alle scale, dal rivestimento in marmo del cosiddetto
ascensore dei vip, a quei pannelli orsogrill
con sfondo rosa a ogni pianerottolo ( in basso a destra) fino alle straordinarie vetrate a
tutta
altezza dell’ultimo piano. E poi naturalmente il bar e il ristorante con gli
arredi originali del Four Seasons di New York, progettati da Philip Johnson e
le pareti tappezzate di piatti dipinti ad hoc da vari artisti. Un’architettura
di forte impatto capace di imporsi, senza minimamente sovrastare né oscurare le
opere. Tutte bisognose di spazio. Dai fantasiosi racconti in scatola di Damien
Hirst (in basso a sinistra)all’installazione pelosa o le vasche d’acqua di Pino Pascali (in alto a sinistra). Dagli enormi tulipani di Jeff Koons, ai
lavori di Carla Accardi, Mona Hatoum, William N.Copley. Dalle automobili di Edward
Kienholz all’inquietante corridoio buio
che, come in una fiaba horror, si apre sulla Mushroom Room con le gigantesche
amaniti falloidi di Carsten Holler. Le sorprese non mancano e comunque
la vista di una parte di quella Milano dello scalo ferroviario, ormai
utilizzato solo per due rotaie, ha un fascino che non lascia indifferenti.
Da vedere fra le mostre temporanee, fino a ottobre,
la quarta puntata di Slight Agitation alla Cisterna, con le opere di Laura Lima,
tra cui il sorprendente Uccello
creato in collaborazione con Zé Carlos Garcia. E al Podium la rassegna di John
Bock The next quasi-Complex, fino a
fine settembre.
giovedì 19 luglio 2018
C'E' UN BOSCO SOPRA AL DIVANO
Ormai il Bosco Verticale, che domina il rinnovato
quartiere dell’Isola a Milano, è una realtà acquisita, che piace ma non
incuriosisce più. Ce ne sono in altre città del mondo anche
precedenti e probabilmente ne sono in costruzione dei simili. Ma il boschetto, da appendere a un muro proprio come un
quadro, piuttosto che una parete-bosco in una casa sono una novità. Ora si possono avere senza affidarsi
a un architetto di giardini e soprattutto senza essere dotati di uno speciale
pollice verde per il mantenimento. L’idea arriva da Londra e lo studio si
chiama Urban Roof Gardens. Il nome può creare qualche perplessità, subito
chiarita. Qui vengono studiate anche soluzioni per terrazze e tetti. Ma di cosa
si tratta esattamente? Il bosco-quadro è un pannello quadrato o rettangolare di
varie dimensioni dal mezzo metro di lato in su. In plastica riciclata ha delle vaschette dove mettere la terra e un
sistema di irrigazione che confluisce,
nel caso di un quadro, al lato base della cornice, nel caso di una parete più
grande su vari punti laterali. L’acqua
si versa con un imbuto e garantisce l’idratazione per almeno sei
settimane. Esiste comunque un piccolo elemento che segnala quando l’acqua sta
per finire. Si può acquistare il pannello-quadro solo con la terra o già con le
piante, di specie studiate per stare bene in appartamento o su terrazzi a
determinate temperature. L’installazione è semplice, non occorre un tecnico
specializzato. Per il quadro ci vuole la stessa destrezza che per attaccare uno
specchio di un certo peso. Particolare non trascurabile il boschetto può essere
collocato anche in un ambiente senza luce e sole. In quel caso si può accessoriare il tutto con una speciale lampada. E per chi ha problemi di un tetto squallido
che rovina la vista da una finestra esiste la possibilità di rivestirlo con dei
pannelli con piante grasse o simili che non richiedono alcuna manutenzione e
innaffiatura. E ovviamente tutto si può acquistare online
www.urbanroofgardens.it
mercoledì 18 luglio 2018
BALLERINE AL MUSEO
Che siano importanti si sa, che siano osannate nel
cinema e considerate le rappresentanti di una forma
d’arte, ormai è un fatto acquisito. Ma che le ballerine
siano ora
in mostra in uno dei più importanti musei del mondo stupisce davvero. Eppure è così, da maggio la ballerina Cendrillon è stata inserita nella collezione permanente del Museum of Modern Art di New York. Ovviamente non si tratta di una ballerina qualsiasi. E’ in pelle con profilo di gros grain, realizzata con la tecnica della cucitura a rovescio risvoltata e sottoposta durante la lavorazione a numerosi controlli. E’ stata creata in color rosso carminio da Rose Repetto, nel 1956, per Brigitte Bardot che la indossò in Et Dieu crea la femme, film con cui l’attrice è entrata nella leggenda. Fondatrice della maison Repetto nel 1947, appunto Rose, mamma del celebre ballerino-coreografo Roland Petit, che le aveva chiesto una scarpa per ballare sulle punte. E lei nel piccolo negozio-laboratorio, a Parigi, vicino all’Opéra, costruisce la prima ballerina da punta. Ma non si ferma alla danza e crea una serie di modelli in diversi colori che diventano subito le scarpe preferite degli anni ’50. Nel 1970 propone sempre a tacco basso la francesina con lacci che dedica alla nuora Zizi Jeanmaire e chiama Zizi. Il modello si adatta e piace anche agli uomini, tanto che Serge Gainsbourg ne diventa il testimonial. Nel 2009, sia per lui che per lei, nascono i mocassini Michael, realizzati anch’essi con la tecnica della cucitura a rovescio risvoltata. Repetto da anni, oltre alle scarpe, produce borse, collant, qualche capo e anche il profumo, lanciato con una straordinaria campagna. Nel 2007 per festeggiare i sessant’anni della maison è nata la fondazione Danse pour la vie per sostenere il mondo della danza e aiutare i bambini che non hanno i mezzi per accedere a dei corsi, fornendo anche l’attrezzatura completa. Un esempio sono i ragazzini delle favelas di Fortaleza. Ormai Repetto è un simbolo francese. Non è un caso che per il 14 luglio e per la vigilia della finale dei mondiali abbia realizzato nel monomarca sugli Champs Elysèes , uno dei sei a Parigi, una vetrina di grande effetto bianca, rossa e blu.
siano ora
in mostra in uno dei più importanti musei del mondo stupisce davvero. Eppure è così, da maggio la ballerina Cendrillon è stata inserita nella collezione permanente del Museum of Modern Art di New York. Ovviamente non si tratta di una ballerina qualsiasi. E’ in pelle con profilo di gros grain, realizzata con la tecnica della cucitura a rovescio risvoltata e sottoposta durante la lavorazione a numerosi controlli. E’ stata creata in color rosso carminio da Rose Repetto, nel 1956, per Brigitte Bardot che la indossò in Et Dieu crea la femme, film con cui l’attrice è entrata nella leggenda. Fondatrice della maison Repetto nel 1947, appunto Rose, mamma del celebre ballerino-coreografo Roland Petit, che le aveva chiesto una scarpa per ballare sulle punte. E lei nel piccolo negozio-laboratorio, a Parigi, vicino all’Opéra, costruisce la prima ballerina da punta. Ma non si ferma alla danza e crea una serie di modelli in diversi colori che diventano subito le scarpe preferite degli anni ’50. Nel 1970 propone sempre a tacco basso la francesina con lacci che dedica alla nuora Zizi Jeanmaire e chiama Zizi. Il modello si adatta e piace anche agli uomini, tanto che Serge Gainsbourg ne diventa il testimonial. Nel 2009, sia per lui che per lei, nascono i mocassini Michael, realizzati anch’essi con la tecnica della cucitura a rovescio risvoltata. Repetto da anni, oltre alle scarpe, produce borse, collant, qualche capo e anche il profumo, lanciato con una straordinaria campagna. Nel 2007 per festeggiare i sessant’anni della maison è nata la fondazione Danse pour la vie per sostenere il mondo della danza e aiutare i bambini che non hanno i mezzi per accedere a dei corsi, fornendo anche l’attrezzatura completa. Un esempio sono i ragazzini delle favelas di Fortaleza. Ormai Repetto è un simbolo francese. Non è un caso che per il 14 luglio e per la vigilia della finale dei mondiali abbia realizzato nel monomarca sugli Champs Elysèes , uno dei sei a Parigi, una vetrina di grande effetto bianca, rossa e blu.