giovedì 29 dicembre 2016

EROE NON PER CASO




Il nuovo eroe non è il personaggio da fumetto in calzamaglia, ma l’uomo qualunque che compie il suo dovere nel quotidiano: il sindaco o la famiglia che accoglie i migranti, i poliziotti di Sesto S.Giovanni, il ragazzo che salva il bambino sotto le macerie o chi si butta in un fiume per recuperare uno sconosciuto. E poi c’è il pilota americano  dalla cui storia Clint Eastwood ha tratto il biopic Sully. Genova ieri ne ha ricordato un altro, ignorato per sessant’anni. E’ Piero Calamai il comandante dell’Andrea Doria, la nave colata a picco poche ore prima del suo arrivo a New York, speronata da un mercantile svedese, nel                 

luglio del 1956. A lui è stata dedicata la sala all’ultimo piano del Galata Museo del Mare. Con una cerimonia solenne, che un allarme bomba prontamente risolto, non ha disturbato. Da vedere qui, fino  al 30 maggio, la mostra La nave più bella del mondo .Un allestimento essenziale ma non freddo, senza retorica ma con dovizia di documentazione e riferimenti, molti dei quali provenienti dalla Fondazione Ansaldo. Nessuna immagine ruffiana o strappalacrime, ma foto, didascalie, scritti esaurienti e piccoli pezzi di vita. Dalle foto delle bellezze in costume da bagno sul ponte alla piccola teca con gli eleganti servizi di bordo, dai programmi della giornata per gli ospiti di prima classe al modellino della nave. Fino alle lettere dei naviganti, alla chiave della cabina che la ragazza del baby club conservò per anni come portafortuna, alla camicia a scacchi prestata a un marinaio. E poi racconti e testimonianze scritte di quei coraggiosi che, in piena notte e con le scialuppe di un lato della nave completamente inutilizzabili, riuscirono a portare in salvo le oltre 1600 persone a bordo. Morirono 46 passeggeri, di cui i più per l’impatto o a terra in seguito.  Molte le copertine o le pagine dei giornali italiani e stranieri che titolarono sulla tragedia. Gran parte del percorso espositivo ha un’inclinazione del 30% per evocare la situazione d’ instabilità a bordo. Con addirittura un angolo in cui l’inclinazione è maggiorata proprio come nel naufragio. Il Comandante Calamai non solo si prodigò fino all’ultimo, ma dovette essere tratto a forza fuori, perché deciso ad affondare con la nave. Eppure la burocrazia dei controlli, le assicurazioni, le segnalazioni di passeggeri disonesti desiderosi di ottenere rimborsi lo accusarono di non aver fatto il suo dovere. Fu mandato in pensione anticipata e con molti dubbi sul suo conto.La mostra non prende posizione, si limita a raccontare i fatti che,venuti a galla in tutta la loro verità anni dopo,confermano l’eroe. 
Difficile riuscire in un pomeriggio o in una mattina visitare gli altri tre piani del museo con la collezione permanente che comprende anche il sommergibile all’esterno. Obbligatoria e irrinunciabile, però, la terrazza  Mirador con vista sul porto da una parte, e i settecenteschi palazzi di Via Gramsci dell’altra. Un vero spettacolo che cambia continuamente a seconda della luce.

mercoledì 21 dicembre 2016

E' SEMPRE NATALE




Quando arriva il 25 dicembre, i festeggiamenti natalizi sono agli sgoccioli. A New York è ormai tradizione preparare l’albero per il Thanksgiving, quest’anno il 24 novembre. Il più famoso, quello del Rockfeller Center si è acceso il 30 novembre. Il mercatino di Union Square ha aperto le bancarelle il 17, superato solo da quello in Bryant Park, luogo deputato dei pattinatori chic, dove è Xmas dal 30 ottobre. Anche musei e teatri si adeguano all’anticipo. Il New York City Ballet si esibisce in Nutcracker, grande classico di Balanchine, dal 25 novembre. E Gingerbread Lane  è al New York Hall of Science con più di mille casette in pane di zenzero già dall’11 novembre.Nel Nord Europa Babbi Natale con sacchi circolano da un mese nelle isole pedonali metropolitane. A Basilea, la sera del 3 dicembre, sono sfilati in corteo, non sulle slitte con renne ma su rombanti Harley Davidson. La città svizzera, oltre al primato dei molti musei, ha anche quello di avere il più grande creatore e distributore di addobbi natalizi, Johann Wanner(foto vetrina in alto a destra). Il suo negozio è aperto 365 giorni l’anno ed è l’addobbatore ufficiale dell’ albero alla Casa Bianca, di quelli della regina Elisabetta e dei Principi di Monaco. A Montecarlo, tra l’altro, quest’anno La Societé des Bains de Mer  ha trasformato  la piazza del Casinò in una stazione sciistica con abeti innevati e funivie. In Italia in questo momento è Napoli a detenere il primato  dell’albero di Natale più alto del mondo, su Via Caracciolo.  Quello di Milano in Piazza Duomo è offerto alla città da Pandora, che lo ha anche  a Padova e Ravenna. In contemporanea  al lancio di un Social Game, con calendario dell’avvento virtuale e doni. Tutt’altro che virtuale il calendario dell’Ente del turismo austriaco per cui in Piazza Duomo dal 1° dicembre ogni sera, dalle 18 alle 18,30, un musicista apre una finestra e suona. Tutti si riuniranno in concerto a finestre aperte il 24.Sulle idee-regalo c’è poco di nuovo. Rosso e oro imperversano, anche se libri e oggetti utili sono in rialzo. Una tendenza è anche quella del regalo per sognare, come Waterrower vogatore-design (in alto a sinistra)con un contenitore d’acqua che rende i meccanismi silenziosi e simula il rumore dei remi in mare.  

domenica 18 dicembre 2016

CHE CIELO SOPRA BERLINO...


Non capita spesso di venire a conoscenza di fatti storici che si ignoravano totalmente. E stupisce anche di più se questo avviene a teatro durante uno spettacolo che scorre piacevole per due ore.   Nonostante sulla scena ci sia un 
                unico attore parlante, Federico Buffa,ben supportato dalle musiche dell’ottimo pianista Alessandro Nidi, dell’eccellente fisarmonica di Nadio Marenco e dalla voce trascinante e suadente di Cecilia Gragnani. Succede in Le Olimpiadi del 1936 prodotto da Tieffe Teatro e scritto da Federico Buffa, Paolo Frusca, Jvan Sica ed Emilio Russo, che ne cura la regia con Caterina Spadaro. Il carismatico Buffa interpreta Wolgang Furstner, il comandante, poi degradato, del villaggio olimpico durante  le Olimpiadi di Berlino nel 1936. E’ da lui che si viene a sapere dei retroscena e del completo insuccesso di quello che per Hitler avrebbe dovuto essere la dimostrazione e il riconoscimento della superiorità fisica della razza ariana . Una realtà mal accettata dal Fuhrer e dal deus ex machina Goebbels, ma  superdocumentata nelle foto e nei video di Leni Riefenstahl, la femme fatale che avrebbe dovuto essere uno dei cantori del nazismo. Nel monologo Furstner-Buffa racconta l’imbarazzo e il grande disappunto di Hitler nel vedere i primi tre ori assegnati a tre atleti neri, anzi negri, tra cui il mitico eroe dell’Alabama Jesse Owens. Da lui si scopre che il campione maratoneta che gareggia per il Giappone, prezioso alleato dei tedeschi, è il coreano  Sohn  Kee-chung. Nel filmato della premiazione lo si vede sul podio a testa bassa che copre con una piccola pianta il sol levante della sua maglia. Dovrà aspettare ben 52 anni e le Olimpiadi di Seul per rivendicare al suo paese quella medaglia. Sullo sfondo storie di grandi,sincere amicizie tra atleti e allenatori, durate nel tempo e nonostante le distanze, ma anche di meschinità, di goffaggini, di orribili ingiustizie. Come il ritorno del pluripremiato Owens negli Stati Uniti che, malgrado le tre medaglie nella borsa, per la pelle nera è respinto da tutti i grand hotel di New York e accettato solo da uno che lo obbliga però a passare per le scale di servizio. Situazioni che sembrano legate a un passato lontanissimo, e che invece per quell’omone ridicolo e senza stile potrebbero tornare d’attualità. Lo spettacolo dopo una tournée di successo è a Milano al Teatro Menotti fino al 22 dicembre, per riprendere il 4 febbraio a Rimini e proseguire in una ventina di località fino al 31 marzo.

venerdì 16 dicembre 2016

NULLA SI DISTRUGGE, MA MOLTO SI CREA




Due grandi ambienti luminosi, preceduti da un piccolo  spazio con una sdraio in bambù dell’Ikea, si saprà dopo. Ma la tela stupisce per la lavorazione e non è certo del colosso svedese. Entrati, sono molti gli elementi che colpiscono. Dal tavolo da ping pong agli arazzi sulle pareti, dalle sedie e le panche, alcune design altre di tradizione, ma tutte con rivestimenti inediti.  E poi tende, stand con capi, non accomunati per colore, tipologia, stagione, ma secondo un criterio che si scoprirà in seguito. Un grande tavolo di legno e sotto le finestre una fila di macchine da cucire. Tutte funzionanti, perfino la vecchia Singer. Molte le  fotografie, solo in bianco   

e nero, con un’uguale cornice, che spesso contiene due immagini. Ci spiegherà poi l’autrice Carola Guaineri (che qui ha la sua camera oscura) della sua tendenza ad accostare  soggetti  o oggetti diversi, lontani “fisicamente” ma con forti,  imprevedibili affinità. Una mano di un uomo in Sardegna, con la stessa piega di una statua classica, per esempio. Tutto qui è da guardare, e nel caso dei   tessuti anche da toccare, per cogliere le contaminazioni, le sovrapposizioni, gli inserti. Siamo nell’atelier Fosca in Via Bastia, piccolo cul de sac, inconsueto per Milano, a poche centinaia di metri dalla Fondazione Prada. Qui  Fosca Campagnoli crea e mostra le sue creazioni. Che vanno, appunto, dal rivestimento di una sedia come quello per le mitiche   Superleggere di Giò Ponti al gilet che mette insieme tessuti maschili e femminili. Dall’arazzo  con pezzi di materiali diversi ai pantaloni, solo di un unico modello, che indossa lei stessa: larghi, scampanati, quasi una gonna pantalone, fascianti sui fianchi e donanti anche per fisici diversi. Alle tende su cui Fosca scrive poesie con la macchina da cucire. Ci sono cappotti con profilature particolari nere alla Mondrian, le stesse che si ritrovano nei cuscini. In un angolo sono appesi dei pannelli con  rettangoli di tessuto. Sono i foglietti acchiappa-colore dei bucati, frutto di un’esercitazione proposta da Fosca a una trentina di donne  sul concetto di  Quiete .  Un ulteriore esempio del suo desiderio di restituire vita nuova a campioni di tessuti, vecchie stoffe, scarti di sartorie e di case di moda. Fino al 23 dicembre è in mostra la collezione chiamata Appunti, proprio perché spiega tutto questo.  Moltissimi quindi gli spunti per un regalo pensato e per passare una  piacevole mezz’ora, magari anche con una partita di ping pong. Dal 9 gennaio l’atélier è frequentabile su appuntamento (www.foscamilano.com) 

martedì 13 dicembre 2016

DONO E MI PERDONO


Parlare di regali a Natale è banale. E’ già stato detto tutto.   Non si può inventare niente di nuovo. Studi sull’identikit del regalante, ritratto di chi riceve il regalo, modalità di scambio regali, metodistica della scelta. Tutto è stato sviscerato. Dal guru della psicanalisi  allo studioso di economia, dal genio del marketing alla casalinga di Voghera tutti hanno espresso la loro opinione in proposito. E’ emerso che sono sempre di più gli adulti (s’intende) che preferiscono fare regali piuttosto che riceverli. La contentezza altruistica di rendere felici è forte, ma lo è di più l’egoistica gratificazione personale,la consapevolezza di aver capito gli interessi e i gusti altrui. Ma esiste la ricetta del regalo indovinato?  Lo è di certo un’offerta per un’associazione, un progetto che aiuti qualcuno. A Natale le proposte in questo senso sono molte. Perfette per il proprio io, aiutano a perdonarci a non farci sentire egoisti o addirittura colpevoli di fronte a chi si dà da fare per gli altri. L’unico freno può essere la mancanza di una risposta diretta, visibile. BIR in questo senso soddisfa la nostra esigenza. Onlus nata nel 1999 è impegnata nella tutela dei diritti dell’infanzia in Romania e in Repubblica Moldava. Sostiene nella crescita, nello studio, nell’avviamento al lavoro bambini e adolescenti abbandonati dalle famiglie o che hanno avuto esperienze tragiche. A Milano ha un suo riferimento preciso. E’infatti uno dei progetti della Comunità Nuova Onlus che da 40 anni opera per la solidarietà e l’accoglienza. La sua nuova sede, di proprietà del Comune di Milano, accanto all’Istituto penale Minorile Cesare Beccaria, è un’ interessante e rigorosa architettura  con spazi per ospitare bambini ma anche appartamenti con soluzioni abitative  per persone e famiglie in difficoltà, aule per corsi, laboratori, area per giochi e sport  e un grande spazio eventi, in cui domani ci sarà un concerto rock, ovviamente di beneficienza. A presiedere il tutto Don Gino Rigoldi cappellano del Beccaria e davvero un personaggio.     

lunedì 5 dicembre 2016

COSI' LONTANI COSI' VICINI




Cos’hanno in comune Marc Chagall e Ottavio Missoni? Il colore sicuramente, ma trattandosi di un pittore e di un creatore di tessuti, non è abbastanza. Un altro punto di contatto, forse meno immediato ma altrettanto forte, è l’uso nel colore delle sfumature, delle gradazioni, ma anche dei contrasti inaspettati, sia nelle figure di Chagall che sembrano sempre volare, sia nelle forme geometriche di Missoni. E, infatti, la mostra dedicata ai due, sotto ai loro nomi titola Sogno e colore. Curata da Luca Missoni figlio di Ottavio, è nel Museo Civico Archeologico di Sesto Calende, a meno di un’ora da Milano,

 fino al 31 dicembre. Ma altri meno apparenti elementi accomunano i due. Come osserva nella prefazione l’assessore alla cultura di Sesto Calende Silvia Fantino  “…sono il risultato di un complesso intreccio etnico geografico, il pittore è un ebreo bielorusso naturalizzato francese, lo stilista un italiano di padre friulano e madre dalmata”. Entrambi hanno un modo di guardare che va al di là delle frontiere, che spazia senza limiti, fino appunto all’onirico. All’interno del museo tra reperti archeologici plurimillenari, trovati sulle sponde del Ticino, più di un centinaio  di stampe di Chagall a colori e in bianco e nero  dialogano con  gli  arazzi e gli studi di Missoni. Oltre a vari pannelli in cui sono enfatizzati dettagli delle stampe dell’uno e di tessuti dell’altro. Per Chagall il concetto di evasione, di mondo senza confini è ribadito nelle stampe a soggetto biblico, che raccontano appunto l’esodo. In Missoni è continuamente messa in risalto  una creatività senza costrizioni,libera da tendenze o condizionamenti. Nel confronto tra i due s’ inserisce un terzo elemento. Sono le decorazioni geometriche, sulle brocche e i vasi antichi, che richiamano quelle di Missoni e testimoniano un linguaggio dei segni che si tramanda nei secoli.